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Quando un figlio parte per un anno all’estero, l’attenzione si concentra spesso su di lui: dove andrà, come si troverà, cosa imparerà. Ma un cambiamento altrettanto profondo avviene anche in chi resta. 

Molti genitori si chiedono, con un misto di emozione e paura: “Come cambierà il nostro rapporto?” La distanza geografica innesca un processo di trasformazione relazionale: meno presenza quotidiana, più ascolto, meno controllo, più fiducia. 

In questo articolo esploriamo le tappe più comuni di questo cambiamento: le paure iniziali, le nuove forme di comunicazione, la trasformazione del legame. Condividiamo riflessioni psicologiche e consigli pratici per aiutarti ad attraversare questa fase con consapevolezza. Perché a volte, per avvicinarsi davvero, bisogna lasciarsi spazio. 

Le paure dei genitori: distanza, nostalgia e perdita di controllo

Quando un figlio parte, anche l’identità del genitore intraprende un percorso di trasformazione: si rompono abitudini, i ruoli assumono nuovi equilibri, si presentano situazioni di vita inusuali fino a quel momento.

Hai paura che non si adatti e che non riesca a superare lo shock culturale. Sono timori legittimi, che si intrecciano spesso con il senso di impotenza di non poter essere lì, pronti a intervenire. Ma riconoscerli è il primo passo per affrontarli. 

L’ansia del non sapere 

L’esperienza di tuo figlio sarà un’esperienza di autonomia, ma ciò non significa che sia solo: una rete di adulti (la famiglia ospitante, il tutor della scuola, il referente del programma sul posto e il contatto WEP) sono disponibili fin dal primo giorno sia per monitorare lo sviluppo del programma, sia per gestire eventuali esigenze specifiche.

Dunque, più che mai le parole sagge “nessuna nuova, buona nuova” sono vere: non ricevere messaggi, non vedere com’è davvero, non sapere se “tutto ok” vuol dire davvero “tutto ok” 

Pur sapendo questo è normale soprattutto all’inizio lasciarsi assalire dall’ansia dell’incertezza: si teme di non poter intervenire in tempo, di non riuscire a proteggere. 

🧭 Spunto psicologico

Impara a tollerare l’incertezza. Quando senti l’urgenza di sapere, chiediti: “Questo bisogno è mio o suo?”. A volte, serve più fiducia che conferme. 

La nostalgia che non si dice 

Non solo i ragazzi, anche i genitori vivono una forma di nostalgia. Non è solo tristezza, è una malinconia sottile fatta di routine sospese e di presenza silenziosa. Spesso non la si esprime per non “rubare la scena”.

Una cosa che si può fare è utilizzare un quadernetto per attaccarci un biglietto del cinema di un film, un fiore secco o un nastro di un pacco regalo per poter ricordare meglio, quando tornerà, quel momento speciale in sua assenza.

Potrà essere un modo per condividere quei momenti quando tornerà. Potrà aiutarlo nel rientrare alle abitudini di casa, facendolo sentire partecipe di quei momenti vissuti a distanza e potrà aiutare voi genitori a sentirlo meno lontano durante il soggiorno all’estero

🧭 Spunto psicologico

Se ti piace scrivere, puoi fare qualcosa ancora più simile a un diario: Dai un nome a ciò che provi. Scrivilo, raccontalo, e se vuoi, condividilo con altri genitori. Esprimere il vuoto lo rende meno ingombrante.   

Il bisogno (e la fatica) di lasciar andare 

Accettare che qualcun altro possa prendersi cura di tuo figlio è una delle sfide più difficili, ma se ciò si è reso possibile è perché hai fatto un ottimo lavoro come genitore: i figli non sono nostri o per noi, ma attraverso di noi si preparando per poter essere per il mondo.

Permettergli di sperimentare l’autonomia che l’esperienza di studio all’estero richiede a un diciasettenne, significa mettere alla prova la sua capacità di valutare le situazioni, risolvere gli imprevisti, imparare che la diversità culturale non è un ostacolo, ma un valore.

Lasciar andare non è abbandonare: è fidarsi che possa cavarsela. 

🧭 Spunto psicologico

Non sei meno genitore perché non sei lì. Sei ancora un riferimento, ma in una nuova forma: più discreta, più adulta, più evoluta. Tuo figlio ha più che mai bisogno di te, ma non portandogli le tue soluzioni, ma nel sostenerlo con quelle domande che gli permettano di riflettere in modo più maturo e esaustivo per trovare le sue migliori risposte. 

Mani di adulti e bambini che si stringono attorno alla parola “Family”, simbolo di affetto e del rapporto genitori figli.

Cosa cambia davvero: nuove modalità di relazione

Probabilmente in cuor tuo già sai che la relazione genitori-figli a distanza non si indebolisce, al contrario si rinforza e si trasforma in un rapporto più rispettoso della reciproca autonomia. Se accolta con apertura, può persino rafforzarsi. Quando si vive insieme, spesso ci si parla per le necessità, tra un impegno e l’altro, dentro una routine di gesti rapidi e frasi veloci.

A distanza, invece, ogni contatto diventa intenzionale. Non si scrive “perché si deve”, ma perché si sceglie di farlo. I messaggi si diradano, ma diventano più autentici, più sentiti. Non conta più quanto ci si scrive, ma cosa si sceglie di condividere. Chiediti allora: “Cosa vorrei che sentisse mio figlio quando legge un mio messaggio?”.

In questa nuova modalità relazionale, la fiducia diventa il collante invisibile. Non puoi più sapere ogni cosa, e impari a lasciare andare il controllo: ti affidi al fatto che sappia orientarsi, che abbia imparato a chiedere aiuto, che si ricordi da dove viene. E se a volte senti l’urgenza di scrivergli subito, fermati un attimo e domandati: “Sto cercando rassicurazione, o sto lasciando lo spazio di cui ha bisogno?”. La tempistica della tua comunicazione può fare la differenza.

Un altro segnale del cambiamento è il tono delle conversazioni. Molti genitori raccontano che, con il passare dei mesi, i figli iniziano a parlare in modo diverso: più riflessivi, più consapevoli, più attenti a raccontare il proprio mondo interiore. È un passaggio importante, perché segna l’inizio di un dialogo.

Con un figlio più costituito non solo da risposte, ma pure da ascolto e condivisione anche della diversità, non fosse altro per il fatto che state guardando il mondo da latitudini e prospettive culturali diverse. Quando tuo figlio si apre, prova a non valutare seguendo i tuoi schemi mentali, o a interpretare o correggere. Sii semplicemente lì. A volte, un rapporto più maturo e consapevole richiede di fare spazio, più che riempirlo. 

Come mantenere il rapporto con un figlio che studia all’estero

Non serve scriversi ogni giorno per restare vicini. Serve riconoscersi, anche a distanza. 

01

Trova il tuo equilibrio

Per rafforzare il rapporto genitori figli, evita sia l’iperconnessione che il silenzio eccessivo. Una routine leggera (es. vocale ogni 2-3 giorni, videochiamata la domenica) può rassicurare entrambi, senza invadere. 

02

Concordate una routine flessibile

Avere dei momenti fissi può aiutare, ma lascia anche spazio alla spontaneità. Tuo figlio non deve sentirsi “obbligato a rispondere”, ma libero di cercarti. 

03

Rimani un riferimento sullo sfondo 

Anche se non fai più parte della sua quotidianità, puoi restare nel suo orizzonte. Un messaggio breve, una foto, una frase affettuosa bastano. 

04

Scegli parole che nutrono il legame 

Evita domande ansiose (“Hai mangiato?”), scegli frasi che parlano di affetto: “Oggi mi sei venuto in mente”, “Ho sorriso pensando a te.” Questo rafforzerà sicuramente il rapporto genitori figli.

05

Condividi anche le tue emozioni 

Dire “mi manchi”, “sono orgoglioso di te”, “sto cambiando anch’io” crea intimità. Mostrare vulnerabilità non è debolezza, è fiducia.

06

Ricorda che anche tu stai crescendo 

Leggendo queste frasi forse stai maturando l’idea che questo percorso non cambi solo lui, ma anche te. In effetti questa esperienza porta con sé questa opportunità. Se vuoi, la puoi cogliere. Lasciarsi spazio è un atto d’amore reciproco.   

Origami che volano rappresentano il rapporto genitori figli, fatto di crescita, autonomia e libertà reciproca.

Il ritorno a casa: un figlio più grande, un legame diverso

Il rientro non è un “tornare a com’era prima”. È un nuovo inizio, da costruire insieme. 

Un rientro che sorprende

Dopo un anno fuori, tuo figlio è cresciuto. Ha sviluppato abitudini, valori, riferimenti culturali, linguaggi diversi. Sarà bello scoprire che quegli abbracci che ritroverete, vibreranno di emozioni e affetti nuovi, rinnovati e arricchiti.

🧭 Spunto per il rientro

Evita domande totali come “Com’è andata?”. Scegli: “Cosa ti è rimasto dentro?”, “Cosa ti manca di là?”, “Cosa senti diverso, adesso?” 

Costruire nuovi equilibri

Non cerca più approvazione, ma confronto. Il suo bisogno di genitore cambia: da guida a presenza solida. È un passaggio delicato, ma pieno di opportunità. 

🧭 Spunto per il rientro

Accogli la sua autonomia senza sentirti escluso. L’amore evolve: lascia che anche il tuo modo di essere genitore cambi con lui. 

L’autenticità come nuova bussola

Molti ragazzi tornano più selettivi, più attenti alla qualità delle relazioni. Anche con i genitori. E questo, se accolto con apertura, può rendere il rapporto più sincero e solido. 

 

🧭 Spunto per il rientro

Non difenderti, non pretendere. Ascolta chi è tornato. A volte, il dono più grande è essere visti davvero, senza aspettative. 

🎧 Ascolta anche la puntata del podcast di Camilla in cui racconta come la distanza dalla madre, durante il suo anno all’estero, abbia rafforzato profondamente il loro legame. 

Sfere in equilibrio su assi di legno come metafora del rapporto genitori figli, tra fiducia e sostegno.

La distanza non divide, accompagna

Stai pensando di far partire tuo figlio per un anno all’estero? 

Forse ti chiedi come gestire la distanza, se il vostro rapporto cambierà, se ti mancherà troppo. La risposta è sì, cambierà. Ma non per forza in peggio. 

Anzi, tanti genitori raccontano che la distanza ha reso il legame più profondo, più autentico, più adulto. Non è solo un viaggio per chi parte. È anche un’occasione di crescita per chi ama. 

E per aiutarti ad affrontarlo con più consapevolezza, WEP propone anche un percorso prepartenza dedicato ai genitori, con incontri pensati per prepararsi emotivamente, confrontarsi e trovare nuove risorse. Perché quando tuo figlio parte, anche tu inizi un cammino. E non sei solo. 

CO-AUTRICE DI QUESTO ARTICOLO:

Serena Zucchi

Psicologa e psicoterapeuta, collabora con WEP dal 2006 nei colloqui di idoneità dei programmi high school e coordina il gruppo psicologi WEP a livello nazionale.
Esperta di psicologia dell’adolescenza, lavora nel pubblico e nel privato, in ambito clinico e scolastico, occupandosi di promozione della salute e sportelli d’ascolto.
È autrice del libro I nodi del crescere, dedicato a genitori e insegnanti, che raccoglie riflessioni nate dagli sportelli scolastici su relazioni ed educazione in infanzia e adolescenza.

Elena Arneodo

Author Elena Arneodo

Racconto il mondo WEP e dei nostri ragazzi. Ho alle spalle un anno all’estero in Finlandia, corsi di lingua in Spagna e UK, esperienze da teacher assistant in Austria e coordinamento di gruppi in molti Paesi del mondo: amo le nuove prospettive.

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