Trovare amici all’estero e sentirsi parte di qualcosa di nuovo è una delle sfide più grandi — e spesso meno espresse — di chi parte per un anno scolastico. Ci sono paure che si dicono e altre che restano in fondo alla valigia. Come quella, comune e silenziosa, di non riuscire a fare amicizia.
“E se restassi solo? E se nessuno mi scegliesse?”: molti si pongono queste domande prima di partire, anche senza dirle ad alta voce. Eppure, proprio l’esperienza all’estero può trasformarsi in uno spazio inaspettato di apertura, incontro e scoperta. Dove lasciarsi alle spalle vecchi ruoli e costruire legami autentici.
Ne parliamo con Serena Zucchi, psicologa dell’età evolutiva e collaboratrice WEP, che da anni affianca studenti e famiglie prima della partenza.
La paura di restare soli all’estero: un sentimento più comune di quanto pensi
”E se fossi troppo diverso per piacere a qualcuno?”
”E se non mi volessero nel gruppo?”
”E se nessuno mi parlasse?”
La paura di non riuscire a fare amicizia è tra le più comuni in chi si prepara a vivere un’esperienza all’estero. Non è solo il timore di restare soli: è il dubbio, più profondo, di non essere abbastanza, in un contesto completamente nuovo.
A casa, a scuola, nel proprio gruppo, spesso si finisce per essere incasellati in un ruolo: “quello timido”, “quella sempre in prima fila”, “quello che non si espone mai”. Ruoli comodi, a volte stretti, che diventano etichette. Partire significa anche questo: uscire da quel perimetro e mettersi alla prova davvero.
Tra tutte le incertezze, ce n’è una che spaventa più delle altre:
”Ma se non parlo bene la lingua, come faccio a farmi capire?”
È una domanda legittima, e la risposta non è mai una formula magica. Ma c’è una cosa che chi è già partito racconta spesso: le prime amicizie non nascono dalle parole giuste, ma dai gesti semplici. Un sorriso, un cenno, un invito a sedersi vicini a mensa — a volte basta questo. Insomma, puoi non conoscere subito tutti i vocaboli, ma puoi comunicare molto più di quanto credi.
Perché è vero, la lingua può sembrare un ostacolo all’inizio, ma spesso è meno dura da superare delle barriere sociali che ci costruiamo da soli. E scoprirlo è uno dei regali più sorprendenti di questa esperienza.
Come fare amicizia durante l’anno all’estero: strategie, atteggiamenti e piccoli passi
Per fare amicizia non servono gesti clamorosi. Per aprire degli spiragli con persone che non si conoscono ci vogliono piccoli slanci e scelte quotidiane. Ecco qualche suggerimento che giorno dopo giorno può aiutarti a creare legami veri! 👇🏻
01
Partecipa, anche se all’inizio ti senti fuori posto
Iscriviti a uno sport o a un club scolastico, anche solo per curiosità. A volte non è l’interesse per l’attività in sé a contare, ma le persone che si incontrano lì.
02
Siediti accanto a qualcuno che non conosci (e sorridi)
Sembra banale, ma quel gesto iniziale può diventare l’inizio di una conversazione. Non serve dire molto: a volte basta un “Hi, mind if I sit here?” per rompere il ghiaccio.
03
Offriti di aiutare (anche solo con i compiti)
La collaborazione è uno dei modi più semplici per creare connessioni. Se vedi qualcuno in difficoltà o vuoi chiedere un chiarimento tu, usalo come pretesto per iniziare un dialogo.
04
Fai domande, anche piccole
Chiedere consiglio su una materia, su dove mangiare o cosa si fa nel weekend mostra apertura e interesse. Le persone amano sentirsi utili.
05
Accetta inviti, anche se ti mettono un po’ a disagio
Dire sì a una partita, a un film, a una pizza dopo scuola è spesso il primo passo verso un’amicizia. L’invito successivo, magari, partirà da te.
06
Sii gentile con te stesso
Non tutte le relazioni si costruiscono subito. Non tutti diventeranno tuoi amici. Ma ogni gesto di apertura — anche se non corrisposto — è già un passo avanti verso il tuo posto nel mondo.
Un esempio pratico
Lo sa bene anche Matteo, protagonista di una puntata del podcast in cui racconta il suo inizio in America con la grande paura di non riuscire a fare amicizia. E invece, è bastato uno scivolone sulle scale di scuola per rompere il ghiaccio. Grazie alla sua capacità di sdrammatizzare e ridere di sé, quel momento imbarazzante è diventato la chiave per iniziare i primi legami. A volte basta poco — anche una caduta, se la affronti con leggerezza.
All’estero puoi ricominciare da zero: una nuova versione di te
Durante un programma scolastico in un Paese lontano da casa succede una cosa a cui non si pensa: all’improvviso non sei più quello timido, quella strana, quello che a scuola non parlava mai. Nessuno ti conosce. Nessuno ha ancora deciso chi sei. E questa, anche se fa paura, è una possibilità enorme.
Un anno all’estero è come una pagina bianca. Sta a te scegliere cosa scriverci: come ti presenterai il primo giorno, quali lati di te vuoi far emergere, con chi costruirai i tuoi nuovi legami. Non devi fingere di essere qualcun altro. Ma puoi finalmente essere te stesso, senza etichette incollate addosso da anni.
È il potere dell’anonimato. Ma non quello che isola — quello che libera. Quando nessuno ti giudica per il passato, per l’immagine che avevi, per le insicurezze che ti porti dietro, puoi iniziare a scoprire chi sei davvero.
E spesso, proprio in questo spazio nuovo, succede qualcosa di inatteso: incontri persone che ti vedono in modo diverso, che ti ascoltano davvero, che ti scelgono per quello che sei ora, non per quello che sei sempre stato.
Sono queste le amicizie che sorprendono, quelle che ti cambiano per sempre. Non perché ti trasformano in qualcun altro, ma perché ti permettono di essere finalmente te stesso, con leggerezza, con autenticità, con coraggio.
Quando l’amicizia diventa la chiave per sentirsi a casa
A volte basta una sola persona per cambiare tutto. Quando nasce un legame autentico, anche ciò che all’inizio sembrava estraneo inizia a prendere una forma più familiare. La scuola diventa un posto più accessibile, la lingua un ostacolo meno ingombrante, la famiglia ospitante una presenza più naturale. L’amicizia, quella vera, diventa un punto di riferimento stabile mentre tutto il resto si muove.
Lo racconta bene anche Alice, studentessa in Canada e protagonista di una puntata del podcast. Un anno di salite e discese, durante il quale avere accanto qualcuno in grado di dire “ti capisco” ha fatto la differenza. Il suo racconto ci ricorda quanto certe presenze, soprattutto nei momenti più difficili, possano alleggerire il peso delle sfide quotidiane.
Perché sentirsi a casa non dipende solo da dove sei, ma da chi ti fa sentire accolto. Da chi ti chiama per nome, ti cerca con lo sguardo, ti fa spazio senza che tu debba chiederlo.
Tornare diversi: cosa succede alle amicizie quando rientri
Dopo un anno all’estero, qualcosa dentro di te è cambiato. Magari non riesci a spiegarlo subito, ma lo avverti nei gesti, nelle conversazioni, nelle relazioni che avevi lasciato in stand-by. Ed è proprio attraverso le amicizie che questo cambiamento si riflette più chiaramente.
1. Alcuni rapporti si chiudono
Non per colpa o conflitto, ma perché ti accorgi che non vi incontrate più nello stesso punto. Forse ti senti più distante da certe dinamiche, o semplicemente hai bisogno di altro. È normale — fa parte della trasformazione.
2. Altri legami si rafforzano
Ci sono amicizie che resistono alla distanza, che non ti chiedono di essere com’eri. Anzi, ti accolgono per come sei adesso. Spesso sono quelle più autentiche, che escono rafforzate da questo passaggio.
L’anno all’estero ti insegna anche questo:
- a scegliere con più consapevolezza chi tenere vicino
- a distinguere tra relazioni di facciata e relazioni profonde
- a riconoscere il valore del rispetto, dell’ascolto e del tempo condiviso
Molti genitori ci dicono che i loro figli, una volta rientrati, non cercano più di adattarsi a ogni contesto a tutti i costi. Preferiscono relazioni più vere, anche se meno numerose. E questo — dicono — è uno dei cambiamenti più belli da osservare.
”Dopo l’esperienza all’estero, abbiamo visto nostra figlia più sicura di sé, ma anche più selettiva. Ha mantenuto pochi amici, ma sono quelli con cui si sente davvero a suo agio.”
Non si torna mai davvero come si è partiti
Un anno all’estero non ti cambia solo per ciò che vedi o impari, ma per chi incontri lungo il cammino. Le persone con cui condividi un pezzo di strada — che siano compagni di scuola, amici della famiglia ospitante o sconosciuti diventati fondamentali — diventano parte di te.
E quando torni, porti a casa non solo ricordi e foto, ma una nuova consapevolezza:
Un anno all’estero non ti cambia solo per ciò che vedi o impari, ma per chi incontri lungo il cammino. Le persone con cui condividi un pezzo di strada — che siano compagni di scuola, amici della famiglia ospitante o sconosciuti diventati fondamentali — diventano parte di te.
E quando torni, porti a casa non solo ricordi e foto, ma una nuova consapevolezza: puoi scegliere chi vuoi essere e con chi vuoi camminare.
CO-AUTRICE DI QUESTO ARTICOLO:
Serena Zucchi
Psicologa e psicoterapeuta, collabora con WEP dal 2006 nei colloqui di idoneità dei programmi high school e coordina il gruppo psicologi WEP a livello nazionale.
Esperta di psicologia dell’adolescenza, lavora nel pubblico e nel privato, in ambito clinico e scolastico, occupandosi di promozione della salute e sportelli d’ascolto.
È autrice del libro I nodi del crescere, dedicato a genitori e insegnanti, che raccoglie riflessioni nate dagli sportelli scolastici su relazioni ed educazione in infanzia e adolescenza.


