Ritrovarsi più accoglienti dopo un’esperienza all’estero è il primo passo per scoprire se stessi. Ce lo racconta Anastasia che in USA ha conosciuto una realtà tutta nuova: vivere con una famiglia ospitante di religione mormona.
Ciao Anastasia! Cosa puoi dirci di te?
Ciao! Sono Anastasia, ho 19 anni e nel 2017 sono partita per un anno scolastico all’estero negli Stati Uniti. Sono stata a Lehi, nello Utah, in una famiglia molto numerosa. La maggiore particolarità della mia esperienza è stata vivere con una famiglia di religione mormona, nello specifico alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Si tratta di una religione che si definisce cristiana ma non è riconosciuta come tale per via dell’accettazione di scritture non canoniche, come il Book of Mormon oltre alla Bibbia, e per la reinterpretazione complessiva del cristianesimo.
Certo un’esperienza non scontata, com’è stato vivere in una famiglia mormona?
Molto diverso da quello che immaginavo! La realtà in cui ero inserita era diversa da quella italiana a cui sono sempre stata abituata, inoltre la quotidianità della mia famiglia mormona ruotava intorno alle attività della chiesa locale. La loro religione li rende molto disponibili e altruisti, è impossibile trovarsi male fin dal primo approccio.
Hanno un forte senso della comunità e fanno di tutto per stare tanto tempo insieme e condividere diversi momenti della giornata. Il lunedì sera ad esempio l’appuntamento fisso era il family home evening durante il quale tutti erano a casa, si guardava un film insieme o facevamo dei giochi da tavolo e poi ognuno raccontava la propria settimana passata. Alla fine si condividevano gli impegni della settimana seguente in modo che ognuno potesse fare del proprio meglio ad essere presente per gli altri; ad esempio se c’era la partita di basket di mia sorella, tutti cercavano di partecipare.
Com’era organizzata la giornata tipo?
La mattina ci prendevamo il tempo per fare una preghiera tutti insieme o leggere un pezzo del Book of Mormon, già questo era molto diverso dalla mia quotidianità perché la mia famiglia italiana è quasi atea. Dopo la scuola ognuno aveva le sue attività sportive: ho notato che tutti si impegnavano molto in quello che facevano, ad esempio nello sport o nella musica, e ottenevano chiaramente ottimi risultati. Allo stesso modo la sera si faceva un momento di preghiera insieme, era anche un modo per ricavarsi del tempo da dedicare alla famiglia.
La domenica ci alzavamo e la mattina c’erano sempre mia mamma o i miei fratelli che suonavano il pianoforte, si faceva la preghiera insieme e poi si partecipava alla Messa. Trascorrevo la giornata con i ragazzi della parrocchia e questa si è rivelata un’ottima occasione per fare amicizia. Non me l’aspettavo ma anche i giovani della mia età erano molto attivi nella comunità e cercavano di essere la migliore versione di se stessi!
Lo Utah è lo stato americano con la percentuale più alta di mormoni, c’erano solo mormoni nella tua città?
Il 93% della popolazione di Lehi è mormona, la prima persona non mormona con cui ho fatto amicizia l’ho incontrata dopo qualche mese che ero lì. È stato uno shock culturale inverso: io mi stavo adattando allo stile di vita della mia famiglia americana mentre la sua routine assomigliava alla mia vita italiana, era difficile da inserire in quel contesto! Ad esempio lei beveva caffè e usciva la domenica, come facevo io in Italia ma non in America. Questo mi ha fatto capire che era possibile vivere in quella città con lo stile di vita che a me era più familiare e ho pensato “c’è qualcuno come me anche qui!”.
…quindi niente caffè?
No, i mormoni non bevono caffè! Mentre ero là mi pesavano queste differenze però penso che chi parte deve avere la consapevolezza di cercare qualcosa di diverso rispetto a ciò a cui è abituato, e io ho trovato proprio questo.
Quali sono queste differenze a cui ti sei dovuta abituare?
Rispetto a una famiglia non mormona ero molto impegnata nelle attività religiose e negli eventi della parrocchia. Questo stile di vita influiva sulle cose che potevo o non potevo fare. La religione ha regole molto rigide, ad esempio la domenica è dedicata solo alle attività in famiglia e alla Messa, non si usa la macchina nè si fa shopping. Se avevo degli amici non mormoni che volevano uscire la domenica, io non potevo andare.
In generale sono molto rigorosi: all’inizio non sentivo il calore della famiglia ma poi ho capito che avevano un modo diverso di dimostrare il loro affetto e io ero solo spaventata! Sono riuscita ad adattarmi perchè c’erano molti lati positivi derivanti dalla loro visione del mondo, ma non è stato facile con certe abitudini, come le giornate di digiuno…
Puoi dirci di più al riguardo?
Una volta al mese la religione mormona prevede una domenica di digiuno: si mangia alla cena di sabato e alla cena di domenica. La prima domenica ho provato anche io ma il giorno dopo sono stata male quindi ho detto alla mia famiglia che non faceva tanto per me e preferivo non ripetere l’esperienza. Sono arrivata in America con questa idea: “prima di giudicare, provo”, e così ho fatto. Deve essere difficile anche per le famiglie ospitare qualcuno con abitudini completamente diverse, siamo cresciuti insieme!
Prima di partire, avevi delle preoccupazioni legate a quello che ti aspettava?
Ero spaventatissima come il 90% dei ragazzi che partono: lasci la famiglia, il tuo paese e gli amici per un periodo lungo, quindi la paura è forte! In più venivo da una famiglia non praticante e sapevo che loro erano molto religiosi, questo mi rendeva un po’ ansiosa ma ho capito che era dovuto alla mia ignoranza. Non sapevo chi fossero, cosa volesse dire essere mormoni e le informazioni trovate su internet avevano solo aumentato le mie ansie e la confusione. Una volta arrivata ho cercato di mettere da parte queste paure e mi sono detta: “Voglio conoscerli e poi decidere con la mia testa cosa pensarne!”.
E una volta rientrata come veniva percepito il racconto della tua esperienza?
La reazione era sempre tra il confuso e lo spaventato tipo “Oddio come hai fatto, tutti i giorni in chiesa…”. L’ignoranza iniziale porta un po’ a criticare ma quando cominci a raccontare l’esperienza che hai vissuto, chi ti ascolta capisce che l’influenza di una famiglia molto religiosa non è in alcun modo negativa. Anzi, senza questa occasione di scoprire un’altra cultura non avrei mai imparato così tanto.
Quindi si può dire che questa esperienza abbia cambiato il tuo modo di vedere le cose?
Vivere con la mia famiglia ospitante mi ha resa più aperta alle diversità, più disponibile nei rapporti e più volenterosa di aiutare. Penso di aver preso dal loro esempio un bel po’ di gentilezza, capacità di condividere, onestà e desiderio di rendersi utili per gli altri.
Cosa consiglieresti a chi, come te, potrebbe vivere in un contesto poco familiare durante un anno all’estero?
Di partire senza pregiudizi e, se si hanno, far sì che questi non influenzino l’esperienza all’estero. Non bisogna pensare che, se la famiglia ha uno stile diverso dal tuo, allora non andrete d’accordo: partecipare a tutte le attività che vengono proposte è fondamentale per conoscere un nuovo modo di vivere. Inoltre, rispettare la famiglia anche se ha opinioni opposte alle nostre e comunicare sempre come ci sentiamo permette di avere una relazione migliore. Dobbiamo impegnarci a combattere l’ignoranza e scoprire il mondo intorno a noi!
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