Può capitare che durante un anno all’estero si venga ospitati da una famiglia omogenitoriale. È successo a Carolina, che ci racconta come questo ha influito sulla sua esperienza negli USA.
Ciao Carolina! Puoi parlarci un po’ di te?
Certo! Sono Carolina Pitzalis e vivo a Cagliari. Nel 2015 sono partita per un anno scolastico in USA, ad Elk, nello stato di Washington.
Puoi parlarci della tua famiglia ospitante?
Scoprendo la mia destinazione, ho anche saputo che sarei stata ospitata da una famiglia con due papà, Jeff e Steve. Con loro mi sono trovata molto bene, perché era una coppia capace di completarsi nei ruoli. Mentre uno trasmetteva la sicurezza della figura più responsabile, attento alle questioni economiche e burocratiche della famiglia, l’altro mi era più vicino emotivamente. Ho avuto anche un fratello ospitante, con cui sono riuscita ad andare d’accordo nonostante i nostri caratteri fossero molto diversi.
Cosa hai pensato quando hai saputo che avresti avuto una famiglia omogenitoriale?
Ero in macchina con i miei genitori quando l’ho saputo. Certo, inizialmente c’è stato un piccolo shock alla notizia, ma è durato pochissimi secondi. Eravamo tutti molto felici che io sarei partita, il tipo di famiglia non avrebbe fatto differenza. È stato inaspettato, ma l’abbiamo presa come un’opportunità per fare una doppia esperienza e imparare da essa: vivere in un nuovo contesto, sia culturale che famigliare.
Nel comunicare la notizia, hai percepito atteggiamenti spiacevoli da parte dei tuoi conoscenti italiani?
In Italia ho visto un po’ di gente storcere il naso. Ma sono stati molti di meno rispetto a quelli contentissimi per me. Eravamo più che altro preoccupati di come dirlo a mia nonna, che è molto tradizionalista… ma persino lei, con nostra grande sorpresa, nel momento in cui l’ha saputo era felice per me. Adesso, a volte mi chiede come stanno!
E in America, come viene percepita una famiglia omogenitoriale?
Lì il matrimonio c’è dal 2012 e ormai sono in pochi a vederci qualcosa di male. Di solito i pregiudizi sono legati all’incapacità di accogliere la novità, ma a seguito di un boom di matrimoni gay e l’immersione nell’ambito lavorativo e sociale delle coppie omosessuali, non notano più grandi differenze.
Cosa hai imparato vivendo con una famiglia diversa dalla tua?
Ho capito che per i figli, siano essi biologici, adottivi o exchange, è importante crescere in un contesto di cura e amore, a prescindere dal sesso dei genitori. Uno può ricoprire il ruolo dell’altro senza dover cadere in stereotipi come “cosa fa la mamma non può fare il padre” e viceversa.
Nel mio caso, i papà ospitanti si compensavano completamente nel crescere loro figlio. Vedevo spesso dispensare pillole di educazione, erano entrambi capacissimi di ascoltare quando c’era bisogno ma anche di sgridarlo, se necessario. Erano figure genitoriali in tutto e per tutto, molto presenti e partecipativi, e non ho mai sentito la mancanza di una figura materna in casa.
Come credi possano essere scardinati i pregiudizi che si hanno verso le famiglie omogenitoriali in Italia?
Si potrebbe sensibilizzare sull’argomento già dalla scuola. Avevo un professore che ci mostrava, attraverso opere latine e greche, come l’omosessualità è stata sempre presente sin dall’antichità, senza pregiudizi; in questo modo apriva un dialogo sull’argomento. Forse facendo familiarizzare le generazioni più giovani con la questione, domani l’omosessualità potrebbe essere percepita con più normalità.
Basterebbe darsi la possibilità di averci a che fare per capire che non c’è niente di male in una famiglia omogenitoriale. A volte diamo per scontato che la gente possa essere chiusa a cose di questo tipo, ma sono molti quelli che supportano la scelta di creare una famiglia in un contesto simile.
Cosa consiglieresti a chi sta per partire per un anno all’estero ed è insicuro sull’accettare la possibilità di essere assegnato a una famiglia omogenitoriale?
Di essere assolutamente tranquillo al riguardo, perché troverebbe tutte le cose che anche una famiglia eterosessuale potrebbe offrire, e magari anche di più. È come mi hanno detto i miei genitori: vivendo in un nuovo Paese ma anche in un nuovo contesto domestico, l’esperienza si arricchisce. È un’opportunità che capita di rado ed è capace di darti una nuova prospettiva.